Il Takfir ed i Due “Opposti Estremismi” al Riguardo

L’espressione takfir indica il dichiarare qualcuno “kafir“, ossia miscredente, non-Musulmano.

Sul concetto del takfir e sul suo utilizzo, si sono diffuse oggigiorno diverse incomprensioni.

La prima, è quella per la quale si crede che sia il takfir in se stesso a rendere qualcuno non-Musulmano (in un rapporto causa-effetto), come se si trattasse di una “bolla papale” o una forma di scomunica.

In realtà, nell’Islam non esiste né papato né autorità ecclesiale (grazie a Dio), e dunque nessuno ha la forza, il potere, la capacità, il diritto o l’autorità di “mettere,” “spingere” o porre qualcuno fuori dall’Islam e renderlo miscredente per mezzo di una qualche dichiarazione, responso giuridico, od altro.

Semmai, ciò che avviene è che la persona cui viene rivolto il takfir, viene semplicemente dichiarata pubblicamente ed esplicitamente qualcosa che già è; egli è già divenuto miscredente/non-Musulmano per conto di qualche sua stessa azione o dichiarazione che costituisca kufr; è già fuori dall’Islam, ed il takfir serve – a posteriori – a dichiarare, esplicitare e dare conferma a fatti già avvenuti, di una realtà già stabilita, ovvero l’avvenuta uscita al di fuori dell’Islam da parte della persona cui viene rivolto il takfir.

Non sarà quindi stato il takfir compiuto da un qualche sapiente a farlo uscire fuori dall’Islam, bensì, egli sarà evidentemente già uscito fuori dall’Islam per suo proprio conto, ed il takfir eseguito dal sapiente nei suoi confronti costituirà una pubblica dichiarazione informativa di tale situazione di fatto, non una “scomunica”.

Il takfir è dunque frutto di una valutazione, di un giudizio a riguardo delle dottrine o di eventuali azioni di una persona, che, se giudicate costiture effettivamente kufr (miscredenza) o rigettare/negare anche solo uno degli elementi essenziali del credo islamico, verranno ritenute averla portata al di fuori dell’Islam.

In quanto valutazione, tale giudizio si basa su quanto apparente nella azioni o nelle dichiarazioni verbali o scritte esplicite di una persona, ed è idealmente esercitato da un sapiente che abbia una conoscenza approfondita dell’Islam e di cosa lo invalidi – sebbene qualsiasi Musulmano sarà in grado di riconoscere le maggiori enormità ed i casi più conclamati di kufr.

A riguardo dell’utilizzo del takfir, inoltre, sono oggigiorno diffusi due opposti “estremismi”, entrambi errati; la corretta pratica islamica e dottrina ortodossa si situa invece nella via mediana tra di essi.

Il primo estremismo è quello che consiste nell’astenersi e nell’evitare sempre di fare takfir, in base a scuse che si sentono spesso, tipo “spetta ad Allah giudicare“, o citando il celebre hadith profetico “chi dice “la ilaha illa Allah” entrerà in Paradiso“.

Riguardo ad obiezioni quale “spetta ad Allah giudicare”, il punto è che il takfir non significa esprimere un giudizio certo sul fatto che la persona che ne viene fatta oggetto, in futuro andrà sicuramente all’inferno, né rappresenta una “dichiarazione di condanna all’inferno”; è difatti sempre possibile che egli in futuro si penta del suo kufr e torni in Islam abbracciando la dottrina ortodossa, ed in tal caso, essendo tornato (o diventato) Musulmano, egli avrà senz’altra la possibilità di avere il Paradiso, insha’Allah.
Ma il takfir non è un pronunciamento riguardo il destino futuro di qualcuno (che solo Allah conosce); invece, esso è un giudizio basato su ciò che è apparente al momento, e nulla toglie che la sua situazione in futuro possa cambiare e che la persona cui esso viene rivolto non possa pentirsi del suo kufr e tornare in/abbriacciare l’Islam.

Riguardo al punto stesso sul fatto che “spetti ad Allah giudicare”, mi ero già dilungato in un’analisi di tale concetto del “giudicare” in questo apposito “articolo”, al quale dunque rimando:

“Nessuno mi può giudicare”: Cuore, Intenzioni ed “Apparenze”

In breve, il fatto è che Allah stesso ci ha ordinato di giudicare in questa vita in base ai criteri da Lui stabiliti e rivelati, ed è dunque necessario separare chiaramente ciò che è iman (fede) da ciò che è kufr (miscredenza)]; chi è credente da chi è miscredente, etc.

Questo anche per preservare chiaramente l’Islam in ogni sua parte, rendendo evidenti i suoi “confini”, così che i credenti non si avventurino nemmeno vicino ad essi, e possano preservare il loro tesoro più prezioso: la propria fede.

Per quanto riguarda invece l’obiezione di chi cita l’hadith che dice: “chi dice “la ilaha illa Allah” entrerà in Paradiso“, essi utilizzano tale hadith come se esso significasse “l’unico requisito dell’Islam e dell’Iman di una persona è dire “la ilaha illa Allah“, e chi lo dice è Musulmano, a prescindere da qualsiasi altro elemento problematico possa avere nelle proprie `aqa’id (credenze, dottrine)“.

Il corollario di tale posizione è che – in pratica – chiunque affermi di essere Musulmano o si dichiari tale, è considerato (in base a quest’approccio estremista e scorretto) essere automaticamente Musulmano, e chiunque sollevi dubbi su eventuali elementi problematici od errori nella sua dottrina viene attaccato come un “estremista takfirita“.

Invece, tale hadith va’ letto in congiunzione con tutti i versetti del Qur’an e molti altri ahadith, che – tutti assieme – forniscono la comprensione corretta di questo stesso hadith e dell’`aqidah (credo) islamica.

Ed alla luce di questo, non basta semplicemente pronunciare le parole “la ilaha illa Allah” per essere Musulmano; bisogna anche aderire a tutti gli elementi essenziali della dottrina islamica (quelli tali per cui, se se ne rinnega anche uno solo, si esce immediatamente fuori dall’Islam), ed astenersi da qualsiasi dottrina che contrasti con la dottrina islamica essenziale.

Hasan al-Basri (rahimahullah), a riguardo dell’hadith summenzionato, ha detto: “Alcuni dicono che chiunque dica “la ilaha illa Allah” entrerà in Paradiso“, ed ha spiegato: “Chiunque dica “la ilaha illa Allah” e soddisfa le relative condizioni ed obblighi, entrerà in Paradiso!” (Ma’arij al-Qabul, vol. 2 pg. 429).

Difatti, a partire dalla Shahadah (testimonianza di fede) “La ilaha illa Allah, Muhammad Rasul Allah“, si irradia tutta una serie di altre dottrine cui è essenziale ed obbligatorio per ogni Musulmano aderire con fede e convinzione, come ad esempio, il credere nell’origine divina del Qur’an, nella missione profetica di tutti i Profeti, nei Libri a loro rivelati, negli Angeli, nel Giorno del Giudizio, nel Destino, etc.

Se una persona crede sì che non vi è altro dio all’infuori di Allah, e che Sayyidina Muhammad صلى الله عليه وسلّم  è il Suo Profeta, ma nega l’esistenza degli angeli, o nega la missione profetica di Gesù (Pace su di lui) o di Mosé (Pace su di lui), o la natura coranica di un singolo versetto del Qur’an, etc., egli sarà considerato un kafir, non importa quante volte possa ripetere durante il giorno “la ilaha illa Allah“, o quante volte al giorno possa pregare. Ciò perché avrà negato uno degli elementi essenziali del credo islamico, la cui conoscenza ed adesione è necessaria per ogni singolo Musulmano.

L’altro “estremo” è rappresentato invece da chi indulge nel takfir in maniera eccessiva ed indiscriminata, senza rispettare tutte le condizioni per poter ricorrere ad esso. In tal modo, essi causano grande fitnah nella Ummah islamica, e non solo violano i diritti di chi accusano ingiustamente di essere miscredenti, ma mettono anche a rischio il loro stesso iman; si riporta infatti che il Profeta صلى الله عليه وسلّم ha detto:

Chiunque dica “o kafir” al suo fratello, uno dei due merita [questo] nome“.

Ovverosia, il peccato di tale dichiarazione scorretta ed illecita (perché in questo caso è falsa e si rivolge ad un Musulmano, e non perché il takfir sia proibito a prescindere!) “rimbalza” su colui che l’ha pronunciata:

“Though the great danger of declaring a Muslim an unbeliever is plain from the hadiths, the ostensive sense the latter hadith, according to Imam Nawawi, is not intended, for the position of Muslim orthodoxy is that no Muslim becomes a non-Muslim through sin, even that of calling a Muslim a kafir. Rather, of the probable meanings of the hadith is that “his demeaning his brother, and the sin of declaring him an unbeliever return against himself” (Sharh Sahih Muslim, 1.49–50)]”

[Shaykh Nuh Ha Mim Keller, “Iman, Kufr and Takfir“, Note 1]

Mufti Ismail Moosa spiega inoltre:

1, 2) There are numerous laws and principles to bear in mind before making takfīr on a person. It is not permissible for anyone to merely go around and call everyone a Kāfir. There are various books to be studied first, and once a person knows and practises on the principles of takfīr, he will not become a disbeliever by doing takfīr, even if he has erred and is incorrect.

If a person does not follow the principles of takfīr, then kufr goes to one of the two: either the person who he is calling a kāfir is really a kāfir or if not, the kufr will return back to him. Please refer below for the different interpretations.

3) It comes in a narration of Ṣaḥīḥ al-Bukhāri,

عن أبي هريرة رضي الله عنه أن رسول الله صلى الله عليه وسلم قال إذا قال الرجل لأخيه يا كافر فقد باء به أحدهما وقال عكرمة بن عمار عن يحيى عن عبد الله بن يزيد سمع أبا سلمة سمع أبا هريرة عن النبي صلى الله عليه وسلم أخرجه البخاري – (8 / 26)

When a person says to his brother, ‘O disbeliever!’, then disbelief returns to one of the two of them.” (Ṣaḥīḥ al-Bukhāri, 8/26)

There is difference of opinion with regard to the meaning of this narration. Some mention that really one of them would be a disbeliever. Many senior ‘Ulamā preferred this view. Others maintain that it refers to the sin of takfīr while some opine that this is a sin which could gradually lead a person to kufr. Another interpretation is that since he regards this sin of his as permissible, it causes him to become a kāfir.

/ 111 – فيه : أَبُو هُرَيْرَةَ ، وَابْن عُمَر ، أَنَّ النَّبِىّ عليه السلام قَالَ : ( إِذَا قَالَ الرَّجُلُ لأخِيهِ : يَا كَافِرُ ، فَقَدْ بَاءَ بِهِ أَحَدُهُمَا ) . / 112 – وفيه : ثَابِتِ بْنِ الضَّحَّاكِ ، قَالَ النَّبِى ( صلى الله عليه وسلم ) : ( مَنْ حَلَفَ بِمِلَّةٍ غَيْرِ الإسْلامِ كَاذِبًا فَهُوَ كَمَا قَالَ ، وَمَنْ قَتَلَ نَفْسَهُ بِشَىْءٍ ، عُذِّبَ بِهِ فِى نَارِ جَهَنَّمَ ، وَلَعْنُ الْمُؤْمِنِ كَقَتْلِهِ ، وَمَنْ رَمَى مُؤْمِنًا بِكُفْرٍ فَهُوَ كَقَتْلِهِ ) . قال المؤلف : قوله عليه السلام : ( من قال لأخيه ياكافر فقد باء به أحدهما ) يعنى : باء بأثم رميه لأخيه بالكفر ورجع وزر ذلك عليه إن كان كاذبًا . وقد روى هذا المعنى من حديث أبى ذر أن النبى قال : ( لا يرمى رجل رجلا بالفسوق ولا يرميه بالكفر إلا ارتدت عليه إن لم يكن صاحبه (شرح صحيح البخارى ـ لابن بطال – 9 / 287)

73 -( باب من كفر أخاه بغير تأويل فهو كما قال )
أي هذا باب في بيان من كفر أخاه أي دعاه كافرا أو نسبه إلى الكفر قوله بغير تأويل يعني في تكفيره قيد به لأنه إذا تأول في تكفيره يكون معذورا غير آثم ولذلك عذر النبي عمر رضي الله عنه في نسبة النفاق إلى حاطب بن بلتعة لتأويله وذلك أن عمر بن الخطاب ظن أنه صار منافقا بسبب أنه كاتب المشركين كتابا فيه بيان أحوال عسكر رسول الله قوله فهو كما قال جواب كلمة من المتضمنة معنى الشرط يعني أن الذي قاله يرجع إليه وكفر نفسه لأن الذي كفره صحيح الإيمان ولم يتأول فيه بشيء يخرجه من الإيمان فظهر أنه أراد برميه له بالكفر فقد كفر نفسه فافهم (عمدة القاري شرح صحيح البخاري – 32 / 297)

قوله لأخيه المراد بالأخوة أخوة الإسلام قوله فقد باء به أحدهما أي رجع به أحدهما لأنه إن كان صادقا في نفس الأمر فالمقول له كافر وإن كان كاذبا فالقائل كافر لأنه حكم بكون المؤمن كافرا أو الإيمان كفر قيل لا يكفر المسلم بالمعصية فكذا بهذا القول وأجيب بأنهم حملوه على المستحل لذلك وقيل معناه رجع عليه التكفير إذ كأنه كفر نفسه لأنه كفر من هو مثله وقال الخطابي باء به القائل إذا لم يكن له تأويل وقال ابن بطال يعني باء بإثم رميه لأخيه بالكفر أي رجع وزر ذلك عليه إن كان كاذبا وقيل يرجع عليه إثم الكفر لأنه إذا لم يكن كافرا فهو مثله في الدين فيلزم من تكفيره تكفير نفسه لأنه مساويه في الإيمان فإن كان ما هو فيه كفرا فهو أيضا فيه ذلك وإن كان استحق المرمي به بذلك كفرا فيستحق الرامي أيضا وقيل معناه أنه يؤول به إلى الكفر لأن المعاصي تزيد الكفر ويخاف على المكثر منها أن تكون عاقبة شؤمها المصير إليه (عمدة القاري شرح صحيح البخاري – 32 / 298)

73 ـ بابٌ مَنْ كَفَّرَ أَخاهُ بِغَيرِ تَأْوِيلٍ ، فَهْوَ كما قالَ
قوله : (فقد باء به أحدهما) : باء الموحدة ، أي : رجع لأنه إن كان القائل صادقاً في نفس الأمر فالمرميّ كافر ، وإن كان كاذباً فقد جعل الرامي الإيمان كفراً ، ومن جعل الإيمان كفراً فقد كفر كذا حمله البخاري على تحقيق الكفر على أحدهما بمقتضى الترجمة ، وحمله بعضهم على الزجر والتغليظ ، فيكون ظاهره غير مراد. (حاشية السندى على صحيح البخارى – 4 / 32)

And Allāh Ta’ālā knows best.

Wassalām.

[Mufti] Ismail [Moosa]”.

 

Sulla base di questa seconda tendenza “estrema”, alcuni sono portati a cercare ogni possibile occasione per dichiarare “miscredenti” dei loro fratelli Musulmani, con un atteggiamento inquisitorio e portato al pensar male.

Ma non è la via del musulmano procedere per illazioni e speculazioni; non è la via del musulmano essere sempre sul “chi va là” ed abbandonare ogni possibile giustificazione per pronunciarsi in “accuse preventive”; non è la via del musulmano essere subito pronti ad accusare di “kufrshirk e bid`ah” altri fratelli, senza che ciò sia evidente, senza prove concrete, unicamente in base alla volontà di “trovare qualcosa di sbagliato” negli altri.

Al contrario, molti sapienti hanno sempre ripetuto che se una persona afferma qualcosa che ha molte possibilità di venire interpretato come una dichiarazione di kufr, ed anche una sola possibilità di venire interpretato in maniera conforme all’ortodossia, quell’affermazione dovrà essere interpretata alla luce di quell’unica possibilità, e dunque, bisogna cercare il più possibile di interpretare in maniera accettabile e valida eventuali dichiarazioni ambigue (si veda quiquiqui).
Abbiamo dunque visto che il takfir è una parte integrante dell’Islam (e lo è da sempre, basti pensare ad esempio alle “guerre dell’apostasia”: il Jihad dichiarato dal primo Califfo, Hadrat Abu Bakr (che Allah sia soddisfatto di lui) contro coloro che si rifiutavano di pagare la Zakah, e che vennero combattutti proprio in quanto apostati); ma al tempo stesso, esso ha specifiche regole e procedure, ed è assolutamente necessario adoperare la massima cautela a tale riguardo, evitando sia la legittimazione di qualsivoglia dottrina eretica, sia intolleranze inquisitorie ed estremistiche; come sintetizza magistralmente Shaykh al-Islam Mufti Muhammad Taqi Usmani:

“Before answering this question in some detail, I would like to allude to a very remorseful phenomenon that we witness in various circles of our Muslim Homelands. It is that many people have gone to extremes regarding this issue in that they either cross the bounds or they fall short (of the correct opinion). This is because on the one hand, some are very quick to render any person who does not follow their opinion in Far’ee[1] issues as Kaafir whereas such issues are not part of the fundamental beliefs of Deen. Rather there is room for Ijtihad in them and academic difference of opinion has existed in them from the early eras of Islam. This portrays Islam as if it is a cramped courtyard and if a person steps out of it even to the extent of a fingertip he comes out of the fold of Islam. On the other hand, there are some people who accept the claim of every person who proclaims Islam. They do not allow rendering such a person as a Kaafir under any circumstance, even though such person denies the fundamental beliefs of Deen which distinguish Islam from other religions. This portrays Islam as if it does not possess an established reality and is merely a tattered piece of clothing which may be adorned by every false and destructive belief so long as a person claims to be a Muslim. Both these points of view are baseless and have provoked turmoil and dissention amongst the Muslims. The truth of the matter is that Islam or Iman is an established and defined reality which needs to be proven in order to render a person Muslim. This established reality accommodates many differences in Far’ee issues that Islam itself has sanctioned and thus it is not permissible to render a person as Kaafir merely on the basis of such Far’ee differences. Similarly this reality is not lost merely by a person committing certain Far’ee errors in his action or belief, so long as he believes in the fundamentals around which Islam and Kufr revolve. Thus, if we desire to unite the ranks of the Muslims then it is necessary to distance both types of extremes. Therefore, just as we will need to disassociate ourselves from those who render people as Kaafir merely on the basis of Far’ee differences, so too will we need to absolve ourselves from those who wish to introduce into Islam every such false belief that contradicts the centuries-old established fundamentals of Deen.

It follows that we need to define this reality that is termed ‘Islam’, so that we may be able to hold onto the moderate opinion that distances us from both types of extremes. The definition of Islam in the light of the Qur’an and Sunnah upon which there is consensus of the Muslim Ummah is: “Believing in that regarding which it is known with absolute certainty that the Messenger of Allah صلى الله عليه وسلّم has come with it.” (شرح العقائد للتفتازانى ؒ ص١١٩ وروح المعاني ١:١١۰)

Thus, whoever is included in this definition is a Muslim whom it is not permissible to render a Kaafir. Based on this, the schools of thought that claim Islam are of three types:

(…)”

Continues on: Declaring a Person as Disbeliever (by Hazrat Mufti Muhammad Taqi Usmani)

Concludo dunque con degli importanti riferimenti da ascoltare/leggere con attenzione per poter evitare entrambi gli “estremismi” finora descritti ed avere una maggiore comprensione della questione del takfir:

Declaring a Person as Disbeliever (by Hazrat Mufti Muhammad Taqi Usmani)

My Way or the Highway- Joyride to Jahannam [Doing Takfeer] 
Shaykh al-Hadith Mumtaz ul Haq Abdur Raheem Limbada 

Iman, Kufr and Takfir (di Shaykh Nuh Ha Mim Keller) (si consideri solo la parte teorica iniziale, e non le valutazioni in merito allo scontro ed alle divergenze Deobandi-Barelwi, che Shaykh Nuh Ha Mim Keller, non conoscendo l’urdu, non ha avuto la possibilità di verificare in tutta la loro ampiezza e realtà).

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