Studiare da soli Bukhari e Muslim?

Consiglierebbe di studiare da soli le raccolte di ahadith di Bukhari e Muslim?

 

Di: © Shaykh Nuh Ha Mim Keller 1995
Da: http://www.masud.co.uk/ISLAM/nuh/studyh.htm
Traduzione a cura di `Umar Andrea Lazzaro a partire da una precedente traduzione della sorella Aygul Elena Renier

Ogni Musulmano può trarre beneficio – da solo od insieme ad altri – dalla lettura degli ahadith raccolti da al-Bukhari e Muslim. Ma per quanto riguarda lo studio degli ahadith, lo Shaykh Shuayb al-Arnaut, con cui io e mia moglie stiamo attualmente studiando “Tadrib al-rawi” dell’Imam Suyuti, sottolinea che la scienza degli ahadith è legata ad una letteratura vasta e complessa, un mare immenso di informazioni che richiede l’aiuto di un pilota per navigare, altrimenti si è destinati a naufragare. A questo riguardo, Shaykh Shuayb ci ha detto una volta: “Chi non ha uno shaykh, il Diavolo è il suo shaykh, in qualsiasi disciplina islamica”.
In altre parole, ci sono benefici che il Musulmano comune può aspettarsi dalla lettura personale degli ahadith, e benefici che non può aspettarsi, a meno che egli non utilizzi e sia istruito in altre opere letterarie, in particolare i commentari classici che spiegano i significati degli ahadith e la loro relazione con l’Islam nel suo complesso.

I benefici che possono derivare dalla lettura delle raccolte di Bukhari e Muslim sono molteplici: la conoscenza generale di elementi fondamentali come la fede in Allah (SWT), lo statuto profetico del Profeta Muhammad (Allah lo benedica e gli dia la pace), il Giorno del Giudizio e così via; le prescrizioni morali generali dell’Islam di compiere il bene, evitare il male, eseguire la preghiera, digiunare nel mese di Ramadan, et cetera. Le collezioni di ahadith contengono anche molti altri interessanti elementi, come le grandi ricompense per atti di adorazione come la preghiera supererogatoria di metà mattina (duha), la preghiera della veglia notturna (tahajjud), il digiuno il lunedì e il giovedì, l’elemosina volontaria, e così via. Chiunque legga queste cose e le metta in pratica nella sua vita, avrà una resa enorme dalla lettura dei libri di ahadith, e ancora di più se l’intenzione è quella di perfezionarsi imitando i nobili tratti caratteriali del Profeta (Allah lo benedica e gli dia la pace). Chiunque impari e segua l’esempio profetico in queste cose, avrà trionfato in questo mondo e nell’Altro.

Ciò che non si deve sperare leggendo gli ahadith (senza l’istruzione personale da parte di uno Shaykh per un certo periodo), sono due cose: di diventare un `Alim, un sapiente dell’Islam, e di dedurre Fiqh (giurisprudenza islamica) dagli ahadith su particolari della pratica della Shari`ah.

Senza una mano che lo guidi, il lettore non istruito fraintenderà molti degli ahadith che legge, e questi errori, se assimilati senza essere corretti, potranno sommarsi finché diventerà impossibile liberarsene, figuriamoci diventare un sapiente.
Una tale persona è particolarmente facile preda di moderni movimenti settari dei nostri tempi, che si manifestano in veste neo-ortodossa, che sono ben finanziati e diffusi, e citano il Qur’an e gli ahadith ai disinformati per argomentare la fondatezza della convinzione fondamentale di tutte le sette deviate sin dalla nascita dell’Islam, ovvero, che soltanto loro sono i veri Musulmani. Tali movimenti possono ad esempio citare l’hadith ben autenticato (hasan) trasmesso da ‘A`isha (Allah sia soddisfatto di lei) da Hakim at-Tirmidhi, secondo cui il Profeta (Allah lo benedica e gli dia la pace) disse: “Lo shirk (politeismo) è più nascosto nella mia Ummah di una formica che avanza attraversando un grosso sasso liscio in una notte nera…” (Nawadir al-Usul fi marifa ahadith ar-Rasul. Istanbul 1294/1877. Ristam. Beirut: Dar Sadir, n.d., 399).

Questo hadith è stato utilizzato da diverse sette a partire dai tempi del movimento Wahhabita storico fino ad oggi, per convincere la gente comune che la maggioranza dei Musulmani potrebbero in realtà non essere affatto Musulmani, ma mushrikin (politeisti), e che coloro che non aderiscono alle idee dei loro shuyukh possano essere considerati al di fuori dell’Islam.

In risposta, i sapienti tradizionali indicano che le parole “fi Ummati“, “nella mia Ummah” che si trovano nell’hadith indicano palesemente che ciò che qui viene inteso è lo shirk minore costituito da certi peccati che, sebbene seri, non comportano categoricamente la miscredenza. Infatti, la parola shirk (politeismo) ha due significati. Il primo è il politeismo maggiore dell’adorare altri insieme ad Allah (SWT), riguardo al quale Allah (SWT) dice nella Surah “An-Nisa“: “In verità Allah non perdona che Gli si associ alcunché; ma, all’infuori di ciò, perdona chi vuole”. (Qur’an IV, 48), e questo è lo shirk della miscredenza.
Il secondo è il politeismo minore e consiste in peccati che comportano ‘mancanze’ nel proprio Tawhid (la conoscenza dell’Unità divina), ma non comportano l’abbandono dell’Islam. Alcuni esempi includono l’affetto verso qualcuno per amore di un’azione sbagliata (considerato shirk perché in tal modo si spera di beneficiare di qualcosa in cui Allah (SWT) non ha posto alcun beneficio); disprezzare qualcuno per qualcosa di giusto (considerato shirk poiché considera dannoso ciò in cui Allah (SWT) ha riposto beneficio); il peccato di vantarsi degli atti d’adorazione, come è menzionato nell’hadith sahih (rigorosamente autentico) secondo cui il Profeta (Allah lo benedica e gli dia la pace) disse: “La minima parte di vanto in un’opera buona è shirk” (al-Mustadrak ala al-Sahihayn. 4 vols. Hyderabad, 1334/1916. Ristam. (con l’indice vol. 5). Beirut: Dar al-Marifa, n.d.,1.4). Tali peccati non pongono una persona al di fuori dell’Islam, sebbene costituiscano disobbedienza e dimostrino una mancanza di fede (Iman).

I sapienti dicono che è appunto lo shirk minore di tali peccati, quello che è inteso da quell’hadith, perché se si intendesse lo shirk maggiore della miscredenza, il Profeta (Allah lo benedica e gli dia la pace) non si sarebbe riferito a tali individui come presenti nella “sua Ummah”, visto che la miscredenza (kufr) è separata e distinta dall’Islam, e necessariamente al di fuori di esso. Questo è confermato anche da un’altra versione dell’hadith trasmessa da Abu Bakr (r) (Nawadir al-Usul, 397), che ha il termine “fikum” – ovvero “tra voi” – al posto delle parole “nella mia Ummah”, quindi un richiamo diretto ai Sahabah (Allah sia soddisfatto di tutti loro), cioè i Compagni del Profeta, nessuno dei quali era un “mushrik” (idolatra), per consenso unanime (ijma`) di tutti i sapienti Musulmani. Per quanto riguarda i peccati dello shirk minore, non è un mistero per nessuno il perchè il loro essere nascosti è paragonato nell’hadith all'”avanzamento impercettibile di formiche attraverso un grosso sasso liscio in una notte nera”; ovvero, per via della subdolezza dei motivi umani, e la facilità con la quale gli esseri umani possono ingannarsi da soli.

Similmente, al-Bukhari riporta che il Profeta (Allah lo benedica e gli dia la pace) disse: “In verità, seguirete le vie di coloro che furono prima di voi, spanna per spanna, cubito per cubito, finché, se dovessero entrare in un nido di lucertole, voi li seguireste”. Noi [i Sahabah] dicemmo: “O Messaggero di Allah, gli Ebrei e i Cristiani?”, ed egli disse: “Chi altro?” (Sahih al-Bukhari. 9 vols. Cairo 1313/1895. Ristam. (9 vols. in 3). Beirut: Dar al-Jil, n.d., 9.126: 7320).

Anche questo hadith è utilizzato dai movimenti moderni che pretendono di mettere in atto il “ritorno al Qur’an ed alla Sunnah”, per insinuare che questo hadith intenda la maggioranza dei comuni Musulmani Sunniti che seguono l’`Aqidah (i principi della fede, la dottrina) od il Fiqh (giurisprudenza) degli Imam sunniti ortodossi tradizionali (le opere classiche dei quali raramente corrispondono alle loro idee), mentre al contrario ci sono molte prove del fatto che la maggioranza ortodossa della Ummah è divinamente protetta dall’errore, come ad esempio l’hadith sahih riportato da al-Hakim secondo cui “la mano di Allah è sul gruppo, e chiunque diverga da loro, diverge verso l’Inferno” (Al-Mustadrak, 1.116). Tali ahadith dimostrano che versetti coranici quali: “Se obbedisci alla maggior parte di quelli che sono sulla terra, ti allontaneranno dal sentiero di Allah” (Qur’an VI, 116) non si riferiscono a coloro che seguono la sapienza islamica tradizionale (i cui sapienti non sono mai stati la maggioranza di coloro che popolano la terra), bensì alla maggioranza non-musulmana dell’umanità.

E’ più appropriato considerare le parole degli ahadith sopracitati sul seguire gli Ebrei e i Cristiani come riferite, nei nostri tempi, a quei Musulmani che copiano l’Occidente in tutti gli aspetti -razionali ed irrazionali- della loro vita, fino al punto di costruire banche in città Musulmane e luoghi sacri prima d’ora mai toccati dall’usura (riba) a livello istituzionale, sin dai tempi precedenti all’Islam. Oppure come riferite a coloro che promuovono ideologie settarie che portano la divisione travestendosi da movimenti ‘riformatori’, così come fecero gli Ebrei e i Cristiani nelle loro rispettive religioni.

La sapienza tradizionale è protetta da tale sviamento attraverso la conoscenza autentica che ha preservato, tramandandola da maestro vivente a maestro vivente, in una sequenza ininterrotta che risale fino al Profeta (Allah lo benedica e gli dia la pace). Per tornare alla nostra domanda, senza un tale processo di controllo qualitativo, il lettore di ahadith non assistito non può sperare di diventare una sorta di “`Alim fatto in casa”, emettendo fatawa (responsi giuridici) sulla base soltanto di ciò che trova nelle raccolte di Bukhari e Muslim, poiché in realtà gli ahadith sahih relativi a questioni legali islamiche non si trovano affatto soltanto in queste due opere, ma in un gran numero di altre, che coloro che promulgano sentenze su tali questioni devono conoscere. Altrove ho menzionato alcune delle conoscenze necessarie da un sapiente per mediare tra tutti gli ahadith, ed il fatto che alcuni ahadith si condizionano l’un l’altro o sono condizionati da ahadith più generali o più specifici o da versetti del Qur’an che riguardano lo stesso argomento. Senza questa conoscenza, e senza un sapiente tradizionale da cui imparare, si inciampa inevitabilmente, qualcosa che so per certo perchè l’ho sperimentato di persona.

Quando arrivai per la prima volta in Giordania, nel 1980, qualcuno mi aveva messo in testa che un Musulmano non ha bisogno di nient’altro se non il Qur’an e gli ahadith sahih. Dopo aver letto tutto il Qur’an in arabo con l’aiuto della versione di A.J. Arberry, e registrando ciò che avevo capito, mi sedetti davanti alla traduzione del Sahih di Bukhari ad opera di Muhammad Muhsin Khan e lessi tutti gli ahadith, volume per volume, annotando tutto quello che sembravano prescrivere di fare al Musulmano. Fu uno sforzo tagliare attraverso i secoli di escrescenze sull’Islam che gli orientalisti dell’università di Chicago mi avevano insegnato, uno sforzo per superarle e giungere all’Islam puro delle fonti originali stesse. Il mio Salafismo ed il mio orientalismo convergevano su questo punto.

Alla fine, produssi un manoscritto di ‘ahadith scelti’ dalla raccolta di Bukhari, una sorta di manuale di Shari`ah “fai da te”. Lo uso ancora come indice agli ahadith in al-Bukhari, sebbene le conclusioni di Fiqh del mio Ijtihad (sforzo interpretativo sulle fonti autentiche) amatorio ora risultino piuttosto imbarazzanti. Quando erano menzionati ahadith che sembravano contraddirsi l’un l’altro, sceglievo semplicemente quello che volevo, o quello che era più vicino alle mie abitudini occidentali. Dopotutto, mi dicevo, non fu mai data al Profeta (Allah lo benedica e gli dia la pace) la scelta tra due cose, senza che scegliesse la più facile delle due (Sahih al-Bukhari, 4.230: 3560)… Ad esempio, mi avevano detto che non fosse Sunnah orinare in piedi, e avevo sentito l’hadith in cui ‘A`isha (r) dice: “se qualcuno dice che il Profeta (Allah lo benedica e gli dia la pace) orinava stando in piedi, non credetegli” (Musnad al-Imam Ahmad. 6 vols. Cairo 1313/1895. Reprint. Ristam: Dar Sadir, n.d., 6.136). Ma poi lessi nell’hadith riportato nel Sahih di Bukhari, che il Profeta (Allah lo benedica e gli dia la pace) una volta orinò stando in piedi (Sahih al-Bukhari, 1.66: 224), e perciò decisi che quello che mi era stato detto era un errore, o che forse non aveva grande importanza. Solo in seguito, quando iniziai a tradurre dall’arabo il manuale di Fiqh Shafi`i “Reliance of the Traveller” (Umdat as-Salik), scoprii come i sapienti della Shari`ah avessero combinato le implicazioni di quegli ahadith: lo stare in piedi del Profeta (Allah lo benedica e gli dia la pace) per orinare era per insegnare alla Ummah che ciò non è illecito (haram), ma soltanto riprovevole (makruh) – sebbene nel caso del Profeta (Allah lo benedica e gli dia la pace) tali azioni non fossero offensive, ma semmai da compiere obbligatoriamente almeno una volta, per mostrare alla Ummah che non sono illecite — o secondi altri sapienti, per mostrare che è permesso in situazioni in cui in tal modo impedisca all’urina di schizzare sui propri vestiti.

Retrospettivamente, le mie prime disavventure nello studio degli ahadith mi hanno permesso di apprezzare il modo in cui il Fiqh che studiai successivamente avesse “mediato” tra tutti gli ahadith, cosa che personalmente non sarei mai stato in grado di fare. E capii il motivo per cui tutti i maggiori Imam degli ahadith seguivano un madhhab (scuola giuridica): l’Imam al-Bukhari prese la sua giurisprudenza Shafi`i da Abdullah ibn al-Zubayr al-Humaydi, studente dell’Imam Shafi’i (al-Subki, Tabaqat al-Shafi’iyya al-kubra. 10 vols. Cairo: Isa al-Babi al-Halabi, 1383/1964, 2.214), anche gli Imam Muslim, al-Tirmidhi, Abu Dawud, e al-Nasai seguivano la scuola Shafi’i (Mansur Ali Nasif, al-Taj al-jami li al-usul fi ahadith al-Rasul. 5 vols. Cairo 1382/1962. Ristam. Beirut: Dar Ihya al-Turath al-Arabi, n.d., 1.16), così come al-Bayhaqi, al-Hakim, Abu Nuaym, Ibn Hibban, al-Daraqutni, al-Baghawi, Ibn Khuzayma, al-Suyuti, al-Dhahabi, Ibn Kathir, Nur al-Din al-Haythami, al-Mundhiri, al-Nawawi, Ibn Hajar al-Asqalani, Taqi al-Din al-Subki ed altri; Imam come Abd al-Rahman ibn al-Jawzi seguivano il madhhab di Ahmad ibn Hanbal; mentre Abu Jafar al-Tahawi, Ali al-Qari, Jamal al-Din al-Zaylai (lo shaykh africano di Ibn Hajar al-Asqalani, che alcuni credono fosse pure più esperto di lui), e Badr al-Din al-Ayni seguivano il madhhab Hanafi.

Questi fatti parlano eloquentemente del ruolo degli ahadith all’interno del complesso della Shari`ah agli occhi di questi Imam, per i quali non era questione di praticare o il fiqh o gli ahadith, come alcuni musulmani lasciano intendere oggi, ma piuttosto, era questione di praticare il fiqh degli ahadith incorporato nei madhahib tradizionali che essi seguivano. Sembrerebbe esserci molti benefici da trarre dal loro esempio, per molti di noi.

Traduzione a cura di `Umar Andrea Lazzaro partendo da ed integrando la traduzione originale a cura della sorella Aygul Elena Renier, apparsa su “Qalam International”, maggio 1998 – Muharram 1419 H., e su: al-Mujahida, n.4 Jumada-l-Akhira / Rajab 1419 (ottobre-novembre 1998)

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