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Analizzare le critiche subite, anche se dure!

Il nostro nafs (ego) malato di superbia ed arroganza non può sopportare alcuna critica ci venga mossa.

Nei casi peggiori, ciò è vero persino a riguardo di un consiglio che ci viene dato con onestà: ci arrabbiamo e ci chiediamo: “come si permette mai questo qui a darmi un consiglio, chi si crede di essere?!”..

Figuriamoci allora quando riceviamo delle critiche espresse con toni esacerbati, con parole inappropriate e volgari, con insulti, maleducazione e superbia: se già è difficile per noi accettare un consiglio sincero, è quasi impossibile non reagire con ardore a chi “osi” criticarci a questo modo e trattarci male: il nostro orgoglio non può in alcun modo sopportare tale offesa!

I nostri Akabir invece hanno portato fulgidi esempi di umiltà e sincerità: anche quando venivano accusati di falsità palesi e calunniati, la prima cosa che facevano era guardare dentro sé stessi, per valutare se vi fosse anche solo un briciolo di verità nelle accuse e nelle critiche mosse loro.

In tal modo, anche le censure e le opposizioni subite venivano trasformate in qualcosa di benefico, ed in un ulteriore mezzo di purificazione spirituale.

In un ottimo articolo che suggerisco di leggere interamente, Hadrat Mufti Muhammad Shafi`i Usmani (rahimahullah) – riportando quattro modi che l’Imam al-Ghazali (rahimahullah) ha illustrato per riconoscere le proprie malattie spirituali – scrive a questo riguardo di uno di essi:

Il terzo modo per riformarsi è con l’aiuto dei propri avversari. Ciò può essere fatto ascoltando con attenzione di quale genere di caratteristiche negative e vizi si venga accusati. Dopo di che, una persona dovrebbe fare introspezione ed analizzare i propri stati interiori, per determinare quali e quante di quelle accuse siano vere, e quali di quei vizi esistano davvero. Quindi, bisognerebbe preoccuparsi di eliminare tali vizi. Questo è ciò che i pii antichi erano soliti fare.

Qui mi viene in mente un episodio che riguarda un Buzurg [1], Imam Rabbani Mawlana Rashid Ahmad Gangohi (rahimahullah). Durante il suo soggiorno nella Khanqah [2] Quddusi Gangoh, Mawlana Gangohi aveva iniziato a tenere discorsi sugli Ahadith così come sermoni di riforma spirituale, durante i quali ammoniva le persone in particolare riguardo allo Shirk ed alla Bid`ah nelle loro varie forme e manifestazioni. Ahmad Reza Khan Barelvi, che era in quei giorni il maggior propagatore di innovazioni, sollevò ogni sorta di false accuse e calunnie ai danni di Mawlana Gangohi, usando un linguaggio estremamente volgare nei suoi vari pamphlet ed articoli. Mawlana Gangohi aveva incaricato Mawlana Muhammad Bakhsh per leggergli quei pamphlet, dato che in tarda età aveva quasi perso la vista. La risposta alle lettere e ad altre forme di corrispondenza veniva eseguita dal suo discepolo, Mawlana Muhammad Yahya Kandhlawi (rahimahullah).

Siccome quei pamphlet comprendevano insulti davvero osceni, propaganda malizione ed accuse scandalose, non era facile per Mawlana Muhammad Yahya leggerle di fronte al suo Shaykh, Mawlana Gangohi. Egli perciò ad un certo punto non presentò più quei pamphlet al suo maestro per qualche giorno. Dopo un paio di giorni, Mawlana Gangohi chiese: “Molvi Yahya, che succede? Il nostro amico non si ricorda più di noi? E’ da un po’ di tempo che non ricevo più alcuno dei suoi pamphlet!”. Mawlana Yahya rispose: “Sir, abbiamo ricevuto diversi dei suoi pamphlet, ma quando li ho sfogliati ho visto che non contengono altro che insulti e calunnie, e perciò ho pensato che non vi fosse ragione per cui avrei dovuto procurarvi angustie leggendoveli”. Questa era la considerazione che Mawlana Yahya aveva.

Ma vi erano allora tali pii e nobili servi di Allah, che avevano sacrificato tutti i loro desideri e volontà, i loro onore e la loro autostima per amore del loro Signore e Creatore. Mawlana Ganghi gli disse: “Non fare così: leggimi tutti i pamphlet che ricevi. Voglio sentire cose scrive perchè magari c’è qualcosa di vero in ciò di cui mi accusa, ed in tal modo posso correggermi”“.
[http://kondori.wordpress.com/2011/02/10/four-ways-to-reform-ones-inner-self/]

Note:
1. – Una persona pia, un wali
2. – Luogo di incontro e pratica di esercizi spirituali ed atti di adorazione da parte degli studenti di uno Shaykh del Tasawwuf; in arabo “zawiyah“, in turco “tekke“.

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